Il De gradibus caritatis di Ivo, sconosciuto oggi, era dunque ben noto a Dante.
Con una prosa appassionata, ritmata e rimata, ricca di giochi di parole, parodossi, parallelismi, antitesi, annominazioni, figure etimologiche ed omofonie, una prosa che diviene in molti punti poesia, Ivo ci parla della carità-amore.
Nel primo capitolo parla della carità come forza insuperabile: niente e nessuno infatti le può resistere, se persino Dio, vinto dall'amore, muore in croce per gli uomini. Nel secondo la carità è insaziabile: anche il desiderio che ha per oggetto Dio è insaziabile, perché Dio è infinito e il suo amore riempie l'uomo senza mai saziarlo.
L'amore vede incessantemente chi ama (c.3). In particolare l'anima ha due occhi: l'intelletto e l'amore e, pur essendo entrambi importanti, il secondo penetra là dove il primo si oscura, ferisce Dio, e giunge fino a vederlo, anche se non nella sua essenza.
L'amore è una virtù unificante: unifica l'uomo con se steso, gli uomini tra di loro e l'uomo con Dio.
Oscar Testoni, 20 giugno 2002
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E così davvero amando Dio
d'amore non si sazia l'anima
perché Dio è amore
e amarlo è amare l'amore.
Amare l'amore:
il cerchio si chiude
e l'amore non ha più fine (Ivo)
Ma affinché gli affetti di coloro che si amano possano concorrere in unità grazie a questa virtù unitiva, è necessario che il cuore di colui che ama si liquefaccia sciogliendosi da sé in modo che possa essere riversato e trasformato in colui che ama e cambiato in un altro uomo, come una goccia d'acqua versata in molto vino si vede tutta venir meno da sé mentre assume un altro sapore e colore. (Ivo)
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