E' una bella giornata del febbraio 1993, non c'è tanta neve, ma quella che c'è è ghiacciata e rende difficile la progressione sia in quota ove la neve indurita dal ghiaccio non si lascia scalfire da un normale scarpone, sia a bassa quota dove, seppur la pendenza non crea difficoltà come in quota, il rifuso genera il terribile effetto vetrato su cui è difficile rimanere in piedi. Una prima caduta di una compagna del gruppo ci fa capire che dobbiamo procedere con cautela anche perché non attrezzati per un'ascesione invernale: nessuno aveva pensato ai ramponi, solo uno di noi aveva gli scarponi in plastica con cui potè abbozzare qualche buchetta sui tratti di pendio innevati che noi dietro utilizzavamo per non scivolare coi nostri classici scarponi da trekking in cuoio. Bassi arbusti portano ancora i segni di una bufera di neve, che si è cristalizzata a foggia di bandiera sui loro esili rami. La giornata è abbastanza limpida e permette dall'alto di questa cima (1976 m) che si trova sul crinale appenninico tra la Toscana e l'Emilia di vedere il Mare Tirreno e le sue isole. In particolare ci pare di riconoscere l'Isola di Pianosa.
Il crinale tosco-emiliamno si dispiega sotto i nostri sguardi sia a Nord che a Sud. A Nord-Ovest anche le Alpi Apuane. Noi siamo saliti dal versante modenese e salendo abbiamo lasciato sotto di noi prima il Lago Santo (1501 m), congelato, poi il Lago Baccio (1541 m) anch'esso gelato. Sotto il Lago Santo la nostra automobile parcheggiata.
Oscar Testoni 09/11/2007
© Copyright www.oscartext.com
|
|